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RELAZIONI CON GLI ALTRI: LA COMUNICAZIONE ASSERTIVA

Aggiornamento: 13 ott 2023

Assertività significa esprimere il proprio punto di vista in modo chiaro e diretto, pur rispettando gli altri. Questa modalità si colloca al centro di un continuum ai cui estremi ci sono passività da una parte e aggressività dall’altra. Quando non si riesce ad essere assertivi, infatti, è probabile assumere uno stile comunicativo passivo o aggressivo.









L’assertività è uno stile di comunicazione che molte persone faticano a mettere in pratica, spesso a causa della confusione su che cosa significhi esattamente.

Vediamo dunque quali sono le differenze tra queste tre modalità.


LA COMUNICAZIONE AGGRESSIVA:

Le persone spesso confondono l'assertività con l'aggressività, in quanto quest’ultima è una modalità più evidente attraverso cui ci si difende. Ma aggressività e assertività si differenziano considerevolmente; ad esempio, immaginiamo di essere in fila alle casse del supermercato e che un’altra persona si porti davanti a noi, saltando la fila.

Una risposta aggressiva potrebbe consistere nell'avvicinarsi alla persona con espressione alterata e dire a voce alta: “Ehi! Cosa ti rende così importante da non dover aspettare in fila come tutti noi?"

Questa modalità potrebbe farci sentire meglio sul momento; tuttavia il fastidio permarrebbe e l’altra persona, sentendosi attaccata, potrebbe volersi difendere rispondendo a sua volta aggressivamente, peggiorando la situazione e lasciando ognuno di cattivo umore.

La comunicazione aggressiva comporta dunque risposte esplosive, sproporzionate allo stimolo e spesso imprevedibili e dà origine a senso di colpa, ostilità, e disagio; seppur possa apparire inizialmente di portare il vantaggio di essere rispettati, alla lunga questa modalità comunicativa produce isolamento.


LA COMUNICAZIONE PASSIVA

Nella comunicazione passiva le proprie esigenze e il proprio punto di vista non vengono espressi per timore di ferire l’altro o di ritrovarsi in conflitto con qualcuno.

Seguendo l’esempio della fila al supermercato, nella comunicazione passiva, nonostante riteniamo che la persona ci abbia prevaricato, non rispondiamo, evitando di far valere il nostro punto di vista. Le ragioni alla base di questa modalità potrebbero essere, oltre che quelle di temere conseguenze negative e conflitti, la convinzione che rimanere passivi sia una buona qualità, ad esempio un segno di gentilezza e disponibilità. Tuttavia una sensazione di ostilità, disagio e disappunto può permanere nella persona passiva, causando stati d’animo negativi e sensazione di distanza dagli altri e isolamento.


LA COMUNICAZIONE ASSERTIVA

La comunicazione assertiva consiste nell’esprimere il proprio punto di vista in modo diretto, pur rispettando gli altri. Nell’esempio della fila al supermercato una risposta più assertiva potrebbe essere quella di avvicinarsi alla persona in questione, usare eventualmente un tocco gentile per destare la sua attenzione e dire con voce chiara ma rispettosa: “Mi scusi, c'è una fila qui. Probabilmente non se ne era accorto, ma la fila incomincia qua dietro.”

Questa modalità ci permette sia di esprimere le nostre esigenze in modo chiaro che di ridurre al minimo il rischio di conflitto. Ne risultano rapporti più positivi ed equilibrati con amici, familiari e altre persone con cui ci si relaziona.


ASPETTI PSICOLOGICI

Questi tre stili di comunicazione – assertivo, aggressivo e passivo – non si basano solo sulla semplice capacità comunicativa della persona; essi possono avere alla base anche un’impostazione psicologica che porta la persona a propendere più per un tipo di comunicazione rispetto ad un altro.

Alla base di questa scelta possono esservi dei timori che possono avere origine dalle proprie esperienze passate e aver contribuito a costruire delle credenze che alimentano la modalità comunicativa scelta.

Ad esempio, la persona aggressiva può vivere una richiesta da un conoscente o un familiare come una prevaricazione; la credenza alla base di questo atteggiamento è “se accetto ogni richiesta, allora si approfitteranno di me”. In questo modo afferma il proprio diritto a non essere prevaricato in modo difensivo, ma non salvaguardia la relazione.

La persona passiva invece penserà a salvaguardare la relazione, soddisfacendo ogni richiesta dell’altro a dispetto dei propri diritti. La credenza alla base di questo atteggiamento è “se non soddisfo ogni richiesta, allora rimarrò solo”. Il timore è che un loro “no” possa avere conseguenze negative per la relazione e tendono dunque a compiacere gli altri per evitare eventuali conflitti e potenziale isolamento. Se inizialmente le persone passive eludono uno stato d’ansia ed acquistano approvazione e lode come persone generose, disponibili, altruiste, servizievoli e tranquille, alla fine tendono a perdere stima di sé, a nutrire risentimento, a provare irritazione e rabbia, che talvolta può essere somatizzata.

Infine la persona assertiva, di fronte ad una richiesta che non può accondiscendere, si sentirà di poter dire di “no” senza temere una perdita, un conflitto o un disagio nella relazione. La credenza alla base di questo atteggiamento è “se non posso farlo, allora declino educatamente la richiesta e questo non avrà alcun impatto negativo sulla nostra relazione”. In questo modo la persona assertiva afferma il proprio diritto e mantiene una relazione positiva con il richiedente; in altre parole l’assertivo riconosce il proprio diritto senza ansia o senso di colpa.


IL TRAINING ASSERTIVO

Un addestramento all’assertività in ambito psicologico non si basa dunque solo sull’apprendere le modalità comunicative e le risposte da dare per divenire “assertivo”. Il percorso prevede anche l’analizzare una serie di credenze e miti che la persona può aver costruito sulla base delle proprie esperienze passate; queste si attiverebbero nelle relazioni interpersonali generando ansia e portando l’individuo a una risposta “protettiva”. La persona risponderà all’ansia che la richiesta gli fa scattare piuttosto che alla richiesta reale; se l’aggressivo lo farà sfociando in un conflitto aperto mosso dal timore della prevaricazione, il passivo invece la eviterà sottomettendosi, mosso dal timore della solitudine. Nel lavoro terapeutico è fondamentale procedere ad una “ristrutturazione” delle credenze che generano ansia nella relazione; contemporaneamente si lavora sull’abilità comunicativa prendendo familiarità ed esercitando la modalità assertiva di risposta.

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